Bit Milano 2024, la questione clima e la sostenibilità, per Pasqua già prenotato il 40% delle camere disponibili

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Il 2023 è stato l’anno più caldo di sempre secondo i dati di Copernicus Climate Change Service: l’aumento delle temperature medie modifica criteri, tempi, modalità e costi di vacanza, al mare, in montagna, nell’outdoor, nelle città d’arte, nei siti archeologici e museali, etc. La “forzante calore”, cioè il progressivo aumento delle temperature medie incide profondamente sul settore. Il turismo, infatti, è una delle attività di interesse Paese maggiormente esposte, perché l’Italia è al centro dell’“hot spot mediterraneo” nel quale gli eventi climatici estremi sono accelerati del 20%;

 

In Bit Enit presenta primi risultati della ricerca “Turismo Climate-sensitive: il progetto di ricerca ha il duplice scopo di analizzare e misurare l’impatto dell’emergenza climatica nei comportamenti della domanda di viaggio e dell’offerta di turismi, e contemporaneamente di contribuire, su base dati oggettivi, alla messa a punto di nuovi modelli di lavoro per imprese e destinazioni turistiche riducendo le minacce e individuando nuove opportunità.

 

Dallo studio emerge una nuova modulazione delle presenze di turisti stranieri che diminuiscono del 25 per cento nei mesi estivi con un contestuale aumento in primavera e autunno. Sono fatti che descrivono un evidente spostamento di flussi turistici con un impatto sulle principali organizzazioni turistiche.

 

La ricerca Turismo Climate-sensitive di ENIT, curata da Fondazione Santagata di Torino in collaborazione con Studio Giaccardi & Associati di Ravenna, è un investimento in “ricerca & sviluppo” per il turismo mai realizzato finora in Italia, reso necessario anche in risposta ad iniziative di altre destinazioni europee quali Spagna, Francia, Slovenia, Grecia, Portogallo, etc.

Coinvolti nello studio: Elena Di Raco, Research Manager del Centro Studi ENIT, su “Evidenze 2023, opportunità e criticità 2024”; Paola Borrione, Direttore di ricerca e Presidente della Fondazione Santagata, su “Obiettivi, azioni e aspettative del progetto di ricerca Turismo Climate-sensitive”; Rodolfo Baggio, Ricercatore e Docente all’Università Bocconi di Milano, su “I dati necessari per destinazioni climate-sensitive” e, infine, Marco Antonioli, Capo Analista dello Studio Giaccardi & Associati, su “Strategie di adattamento climatico di imprese e destinazioni turistiche in Italia e in Europa” che presenta anche una stima statistica della riduzione delle presenze a causa della “forzante calore” calcolata rispetto a un gruppo di destinazioni regionali del centro nord e del centro sud Italia.

 

Tra i temi della ricerca anche: “Impatto climatico, turismo culturale e siti Unesco” ed “Evoluzione del rapporto domanda e offerta nel turismo climate-sensitive” unitamente al progetto editoriale del primo e-book. In particolare l’indagine sul turismo culturale si propone di esaminare la gestione del patrimonio culturale in Italia utilizzando i 59 presidi Unesco come cartine di tornasole della capacità di risposta del sistema nazionale alle criticità del cambiamento climatico.

Da ricordare che il nostro Paese nel 2022 registrò oltre 142 milioni di presenze nel turismo heritage con una spesa turistica o valore di ritorno superiore ai 12 miliardi di euro. Da qui un cambio importante di strategia di destinazioni, OTA e imprese, il cui perno è integrare l’emergenza climatica nel modello di business, invece che farsi trovare impreparati, e coinvolgere tutti i propri stakeholder a far parte delle nuove decisioni. In primis, gli stessi clienti che, infatti, per il 51% (Booking, 2023) deciderà di programmare viaggi e vacanze basandosi sulle previsioni climatiche rispetto al periodo e alla destinazione prescelta. Sono peraltro già disponibili a tutti su internet nuove piattaforme (https://travelweathermap.com/en/jan) che consento di scegliere e programmare in base a quelle previsioni.

E’ un movimento di cambiamento radicale del rapporto domanda e offerta turistica di portata pari o superiore a ciò che avvenne oltre 15 anni fa con l’impatto digitale.

L’indagine ENIT – che presto verrà pubblicata su tutti i canali istituzionali – mette a disposizione degli operatori italiani un modello di intervento fatto di 8 policy per le destinazioni e 7 policy per le imprese. La base dati è offerta dallo studio di 10 destinazioni – Austria, Comune di Courmayer, Convenzione delle Alpi, San Sebastian (Spagna), Irlanda, Lubiana (Slovenia), Norvegia, Scozia, Porto (Portogallo) e Valencia (Spagna) e 7 imprese – Booking (USA), Expedia (USA), Marriott (USA), Boutiquehotel Stadt Halle (Austria), Hotel Doolin (Irlanda), Hotel Ullensvang (Norvegia) e Whatley Manor (Gran Bretagna).

All’ordine del giorno un ripensamento strategico climate-sensitive dei modelli di ospitalità, promozione e organizzazione turistica a tutti i livelli.

Il 2023 è stato l’anno della definitiva ripresa per il settore turistico, con il ritorno dei viaggiatori internazionali e quote di venduto per le imprese ricettive italiane superiori al 2019. Emerge dallo studio sulle imprese commissionato da ENIT-Unioncamere a ISNART.  Le imprese ricettive italiane hanno chiuso l’anno con una quota di occupazione camere media del 51% (+3,8 p.p. rispetto al 2019, anno di picco del turismo italiano). Il clima autunnale favorevole ha generato un effetto di allungamento della stagione turistica, nonostante l’aumento dei costi.

Ben 7 imprese su 10 dichiarano di aver chiuso l’anno con utili di bilancio.

 

“Cresce la consapevolezza dell’importanza di un’offerta maggiormente orientata alla sostenibilità ambientale ed ai servizi green, elementi divenuti oramai fondamentali driver di marketing e di posizionamento sul mercato, in particolare rispetto alla domanda straniera alto-spendente. Best performance con aziende che mostrano una maggiore attenzione alla formazione del personale, considerata leva fondamentale di qualificazione della propria offerta dal 68% degli stakeholders, tanto che il 20% degli operatori dichiara di averne migliorato le condizioni contrattuali”, commenta Ivana Jelinic, Presidente e Ceo Enit.

 

“L’anno 2023 recupera in termini di valore i risultati del 2019, anno record del turismo italiano. Abbiamo ancora da lavorare sui flussi, tuttavia il 2024 si preannuncia un anno molto positivo, visto che, a gennaio, risultano già vendute il 40% delle camere per i mesi di marzo e aprile”, commenta Loretta Credaro, Presidente dell’Istituto Nazionale per le Ricerche Turistiche.  “La filiera del turismo italiano dimostra ancora una volta la propria resilienza, reagendo all’impatto della spirale inflattiva, grazie al consolidarsi delle presenze straniere ed al progressivo, maggior posizionamento verso una fascia alta di mercato”.

 

Dallo studio si stima che nel 2023 si siano registrate in Italia 851 milioni di presenze (in strutture ricettive e abitazioni private) che hanno generato un impatto economico sui territori di oltre 84 miliardi di euro.  Rispetto al 2022, si registra un aumento del +2,7% di flussi che però ancora non eguaglia i risultati del 2019, anno record del settore.

 

Si registra un andamento positivo della domanda internazionale (+10% sul 2019 e +7% sul 2022). Gli stranieri spendono in media sui territori 68 euro al giorno a persona, più degli italiani, che si attestano intorno ai 62 euro, facendo registrare un saldo positivo di quasi il 3% (2,9) nei consumi turistici complessivi, rispetto al dato 2022.

In crescita, oltre le spese per l’alloggio (+33%), anche quelle per il settore dell’abbigliamento e del manifatturiero (+13%).

 

Si conferma la ricchezza del patrimonio culturale quale driver principale di scelta per il turista che visita l’Italia (24%), seguita dalle bellezze naturali (20%).

In costante crescita è la motivazione legata agli eventi sul territorio (culturali, religiosi, sportivi ecc.), “attrattori” di oltre il 6,5% dei turisti (55 milioni di presenze tra italiani e stranieri), cluster questo, peraltro, caratterizzato da una propensione agli acquisti superiore alla media (93 euro le spese effettuate sul territorio, escluso viaggio e alloggio a fronte di una media di 65 euro, per consumi stimati pari a 7,8 miliardi di euro (9,3% del totale).

 

Tra i turisti, i millennial (28-44 anni) rappresentano il 41,1% del totale: diplomati e laureati, occupati e con uno status economico medio alto, con una buona propensione alla spesa alla ricerca di esperienze di qualità, conoscendo e “degustando” i territori nelle diverse eccellenze.

 

Attraverso La “Location Intelligence” (nuovo strumento di analisi che analizza i big data secondo criteri geospaziali e cronologici, restituendo anche un profilo comportamentale dei turisti),  confrontando i dati estivi con quelli invernali, emerge un incremento del peso relativo della quota di turisti stranieri nel Lazio (più 8 punti percentuali, trainato dalla performance registrata a Roma); in Trentino-Alto Adige (+7 p.p.); e in Lombardia (quasi 7 p.p. in più rispetto all’estate, con Milano a farla da padrona).

 

Prendendo in considerazione la quota dei millennial, spicca il Trentino-Alto Adige (con quasi 8 p. p. in più rispetto alla stagione estiva, dato probabilmente legato all’utenza sciistica), cui si aggiungono il Lazio e la Lombardia (+5,6 p.p. in entrambi i casi).

 

In termini di incidenza percentuale dei millennial sul totale dei turisti crescono più della media nazionale il Piemonte, la Sardegna e la Calabria (con incrementi nell’ordine di 1-2 p. p.).

 

Infine, prendendo in considerazione i cluster comportamentali di interesse turistico prevalente, emergono i dati dell’Abruzzo, per il turismo “green”; del Lazio, per l’utenza “business”; dell’Emilia-Romagna per quanti ricercano un turismo attivo/sportivo; e di Trentino A.A. e Campania per l’utenza prettamente “cicloturistica”.

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