G7: Sicurezza Alimentare con Zootecnica Sostenibile

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Intervenendo al side event del G7 Agricoltura a Ortigia di Siracusa, dedicato all’Innovazione Tecnologica nel Settore Agricolo, l’analista socioeconomico Pietro Paganini ha evidenziato come “ la vera sfida odierna è aumentare la produttività agricola. Non possiamo perseguire la sostenibilità ambientale senza migliorare l’efficienza produttiva” ha dichiarato. “Se non incrementiamo la produttività, non saremo in grado di garantire la sicurezza alimentare necessaria per sfamare una popolazione in crescita, con conseguenze disastrose per l’ambiente. Nessuna politica per la sostenibilità potrà avere successo senza assicurare prima la sicurezza alimentare”.

Tuttavia, secondo Paganini, “la produttività agricola è minacciata da numerosi fattori, tra cui la crisi climatica, l’urbanizzazione, l’aumento della popolazione e della domanda, l’esaurimento delle risorse naturali come il degrado del suolo e la perdita di biodiversità, la sostenibilità economica, l’incertezza e la volatilità dei mercati, infrastrutture obsolete, diminuzione della manodopera e concorrenza globale”.

Paganini ha inoltre sottolineato “l’importanza di distinguere tra tecnica e tecnologia per promuovere politiche agricole efficaci. La tecnica e la tecnologia sono concetti sovrapponibili ma distinti-sottolinea- entrambi fondamentali per l’agricoltura del futuro e per l’aumento della produttività. E tra le tecnologie in fase di sviluppo e già implementate “la zootecnica rigenerativa, particolarmente avanzata in Italia, emerge come una soluzione chiave per migliorare la sostenibilità, favorire la crescita economica e riconsolidare le comunità locali in declino.

E’ dunque un modello di allevamento che integra principi ecologici, gestionali e tecnologici per creare sistemi agricoli sostenibili”. Questo approccio per Pietro Paganini “non solo promuove la produzione sostenibile di prodotti animali, ma contribuisce anche alla rigenerazione e al miglioramento degli ecosistemi naturali”. Attraverso pratiche come la rotazione strategica del bestiame, Paganini ha spiegato come “imitare i movimenti naturali degli animali selvatici permetta al terreno e alla vegetazione di rigenerarsi. Inoltre, l’incremento della biodiversità viene perseguito mediante l’introduzione di una varietà di specie vegetali e animali, creando ecosistemi più resilienti”.

Un altro aspetto fondamentale della zootecnica rigenerativa è “la salute del suolo, ottenuta aumentando la materia organica che migliora la fertilità e la capacità di trattenere l’acqua. Il benessere animale è al centro di questo approccio, con un focus sul rispetto delle esigenze fisiologiche e comportamentali degli animali, migliorando la loro salute e produttività”. Inoltre “attraverso pratiche rigenerative, il carbonio viene catturato dall’atmosfera e immagazzinato nel suolo, contribuendo a mitigare i cambiamenti climatici.

La transizione dalla zootecnica tradizionale a quella rigenerativa offre numerosi vantaggi”. E spiega “ dal punto di vista ambientale, migliora la salute del suolo, previene l’erosione, conserva le risorse idriche e contribuisce al sequestro del carbonio. Economicamente, riduce i costi operativi grazie alla diminuzione dell’uso di fertilizzanti chimici, pesticidi e antibiotici, aumenta la resilienza delle aziende agricole agli eventi climatici estremi e alle malattie, e consente l’accesso a mercati premium per prodotti di alta qualità”. Sul piano sociale e comunitario “supporta le comunità rurali creando posti di lavoro e opportunità economiche, migliora la qualità dei prodotti alimentari e promuove una maggiore consapevolezza sulla sostenibilità agricola. Inoltre, la zootecnica rigenerativa risponde alle sfide globali garantendo una produzione alimentare stabile e contribuendo agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) della ONU, come la lotta contro il cambiamento climatico, la tutela della vita sulla terra e la riduzione della fame”.

Ma “nonostante i numerosi benefici, la transizione verso la zootecnica rigenerativa incontra diverse barriere economiche e culturali. La resistenza al cambiamento e la mentalità tradizionale possono ostacolare l’adozione di nuove pratiche. Gli investimenti iniziali elevati e i costi di implementazione rappresentano sfide significative, spesso difficili da sostenere senza adeguati finanziamenti. L’accesso limitato al credito e ai finanziamenti, la necessità di formazione e competenze tecniche, la conoscenza delle tecnologie e l’accesso ai mercati sono ulteriori ostacoli. Infine, la bassa domanda dei consumatori può limitare il successo delle pratiche rigenerative”.

Pietro Paganini ha concluso il suo intervento invitando i leader del G7 e i Ministri dell’Agricoltura dei principali paesi produttori come Australia, Brasile, Cina, India, Indonesia, Malesia e Russia, a rimuovere queste barriere. “Le imprese zootecniche italiane sono un modello di innovazione che, nonostante le difficoltà, sta garantendo carni di qualità e salutari, fondamentali per la sicurezza alimentare”,  ha affermato. “È fondamentale adottare politiche che favoriscano la zootecnica rigenerativa, per costruire un futuro sostenibile e resiliente”.

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